Panchina di Mario Rivosecchi
“Sui remi mi affatico
per strapparvi dalla riva,
e voi figli mi incitate
a cercare il mare aperto,
dove a remi abbandonati
ci sentiamo trasportare,
nido fragile di cuori
dondolante sull’abisso,
da un silenzio senza fine
in un moto senza mèta.
Vago lieto e senza posa”
vogo contro l’onda avversa.
(Mario Rivosecchi)
Mario Rivosecchi, conosciuto soprattutto per le sue raccolte di poesie, in cui spesso evoca i paesaggi e i luoghi della sua terra natìa, nasce a Grottammare nel 1894 e qui trascorre i primi 10 anni di vita.
Visse poco a Grottammare, dove sicuramente non avrebbe potuto compiere gli studi formativi che ai suoi tempi si realizzavano soprattutto negli Atenei delle grandi città. Ebbe la fortuna di vivere a Roma , Firenze e Bologna, respirando l’aria dei ferventi moti artistici e letterari dell’epoca. In queste città d’arte, la cui atmosfera è ricca di storia e cultura, si appassiona e si avvicina allo studio dell’arte.
Le sue origini sono modeste: il padre, ferroviere, nel 1904 si trasferisce a Bologna e successivamente a Roma e Firenze, dove Mario finisce il Liceo e inizia a frequentare il caffè “Giubbe Rosse”, ritrovo di molti poeti, scrittori e pittori del movimento “Futurista”. Nel 1915 entra nell’esercito e parte per il fronte. Reduce di guerra, nel 1918 si sposa e si laurea in giurisprudenza per poi iscriversi alla facoltà di Filosofia e, una volta laureato, ottiene l’incarico in materie letterarie presso “L’Istituto Tecnico” di Tolentino dove si trasferisce con la famiglia.
Uomo dai mille interessi culturali studioso di letteratura e Storia dell’Arte, dimostra una volontà e una passione incrollabile nell’arricchire con nuove esperienze culturali e artistiche la propria cultura. Nel 1925, pubblica la sua prima raccolta di liriche: “MENTASTRO”.
Conseguita l’abilitazione all’insegnamento di Storia dell’Arte, si trasferisce a Roma insegnando al Liceo “Visconti” e al Liceo Artistico di via Ripetta; malgrado vivesse da anni a Roma non dimenticò tuttavia il suo paesino d’origine dove, d’estate, ritornava spesso per ritrovare gli amici dell’infanzia, in particolare Vittorio Fazzini, ebanista e scultore, padre di Pericle. Fu proprio Mario a convincere Vittorio ad assecondare il talento artistico del figlio convincendolo a farlo studiare a Roma, aiutandolo ad entrare all’Accademia di Belle Arti e successivamente a vincere una borsa di studio che gli permise di mantenersi a Roma per continuare gli studi.
Allievi di Mario Rivosecchi al Liceo “Visconti” furono molti giovani antifascisti: Antonello Trombadori, Bufalini, Giorgio Amendola. Nel 1938, Rivosecchi assume la direzione del Liceo Artistico e dell’Accademia di Belle Arti di Roma, mentre il primogenito, Ivo, viene arrestato per attività antifascista. Al termine della guerra trascorre un periodo difficile, sia per motivi di salute, sia per le ingiuste accuse mosse da alcuni colleghi che lo additarono come “colui che aveva tratto profitto dal fascismo”, solo perché nel 1932 fu costretto a prendere la tessera del partito a pena di esclusione dall’insegnamento.
Nel 1954 esce la 1ª edizione di “Pietra e Colore”, una raccolta di liriche arricchita di disegni di Fazzini e Guttuso; quasi tutte le poesie scritte da Rivosecchi nascono durante i soggiorni estivi a Grottammare, dove il luogo preferito per ispirarsi è la “Vedetta Picena”. Nel 1974, vince il premio “SYBARIS” per la poesia. Tra le raccolte di poesie ricordiamo: “Mentastro”, “Fiore di Vento”, “Alberi amici”, “Pietra e colore”, “Ascesi”.
Nelle poesie di Rivosecchi vi è un’identità di musica, pittura e poesia con connotati descrittivi ed evocazioni atmosferiche tali da rendere ogni poesia un piccolo “quadretto” contemplativo.
9 Febbraio 2023